World Complexity Science Academy

 SEI FILONI SOROKIANI

1 Gabriele d’Annunzio University 

* Correspondent author: Andrea Pitasi –pitasigda@gmail.com

Received: 30/06/2022
Accepted: 22/08/2022
Published: 12/09/2022

DOI: 10.46473/WCSAJ27240606/12-09-2022-0008//full/html

Category: Research Paper

ABSTRACT

Focusing on Sorokin’ 1942  masterpiece Man And Society In Calamity, this paper aims to assess  and systematize Sorokin’s most important concepts, models and methodological toolkit to observe the current scenarios and strategically implement global governance of high scale public policies before high scale and impact challenges.

Basato sul capolavoro del 1942 di Sorokin, questo paper mira a definire e sistematizzare i principali concetti sorokiani, nonché gli strumenti epistemologici e metodologici per osservare gli scenari contemporanei, le politiche pubbliche di ampio raggio e impatto. 

Keywords: Supersystems- Sorokin- Beck-Luhmann

 

1. Prologo: In memoria di Gianfranco Morra  

La prima volta che sentii il nome di P. A. Sorokin avevo diciannove anni e stavo frequentando il secondo anno di Scienze Politiche a Bologna, a.a. 1987-88, e in particolare le lezioni di un professore dal look tardottocentesco celebre tra noi studenti anche perché portava a fare colazione al bar il pastore tedesco, di nome Diablo, del capo della portineria della Facoltà, ingozzandolo – il pastore tedesco – con cornetto e cappuccino.

Orbene, questo singolare e stravagante personaggio aveva una testa di prim’ordine e una Bildung vastissima e collocava Sorokin tra i fondatori di una disciplina che non mi era ancora ben chiaro che cosa fosse ma che col linguaggio giovanile del tempo mi sembrava una “gran figata”: Sociologia della Conoscenza. 

Ho trovato molto nobile e delicato il ricordo che Cipolla (2022. 147-151) gli dedica nel volume che qui sarà il mio setaccio nel trattare il trittico che mi accingo a presentare e che tale stessa opera cipolliana include.

 

2. Paper Body I Classici sono Classici in quanto Classici

Questo paragrafo su Sorokin è ispirato al celebre passo luhmanniano «i classici sono classici i quanto tali e vanno usati in modo autoreferenziale» (Luhmann, 1990: 67), non ho dunque né pretese analitico – ricompositive da storico della sociologia né da Nachfühlung filologica, piuttosto vorrei sinteticamente – come un cercatore d’oro immerso fino sopra al ginocchio nel fiume setacciando il fondale fangoso in cerca di pepite d’oro che, fuor di metafora, sarebbero le conoscenze più valide e viabili per nuovi sviluppi teorici di strategie,1 policy e applicativi. 

3. Cipolla Come Setaccio: Parte I

Senza pretese di esaustività, dato che una qualche nuova pepita può sempre ammiccare, luccicante, tra il fango, il filone Sorokin, ci ha offerto alcune pepite anche piuttosto massicce e di gran valore che costituiscono la sua rivoluzione (kuhniana) dimenticata:

  1. 1.. Tra Socio-cultural Dynamics (1970, prima edizione 1957) e The Crisis of Our Age (di cui ho avuto accesso all’edizione del 1992) in sostanza, ci offre una teoria generale di un’evoluzione sociale ciclica riconducibile, in sintesi ed in ultima istanza, a soli tre tipi di epoche (idealista, ideazionista e sensista) e a un modello unificato di osservazione supersistemica in cui potrebbe ad esempio rivelarsi fruttuoso un confronto Sorokin-Eisenstadt-Etzioni.

Ritengo che la rivoluzione sorokiniana è consistita in una serie di fondamenti epistemologici, strategici teorici e metodologici che se non fossero stati “dimenticati” e poi, di tanto in tanto, recuperati in ordine sparso e disperso ma mai con la visione (super)sistemica sorokiniana e dunque depotenziati, ci saremmo risparmiati un sacco di ricerchine da “sociologia (kuhnianamente) normale”, magari pronte a drammatizzare l’insignificante o l’assurda deriva di voler, da una ricerca magari molto locale e artigianale, generalizzare molto più del concesso, infine ci saremmo risparmiati tanti futili dibattiti ad esempio su qualità/quantità.

2. Così come Sorokin si è rivelato autore potentemente sintetico e latamente sistemico nel punto precedente, anche in Man and Society in Calamity (Sorokin, 2010) conferma questa sua vocazione infatti ogni calamità epocale in Sorokin ha posseduto, possiede e molto probabilmente possiederà 18 specifiche caratteristiche che a ben guardare, calzano a pennello anche alla ormai tediosa Pandemia Covid-19. Riepiloghiamole:

1. In gran parte della popolazione aumenterà l’instabilità sia quella emotiva che quella affettiva, la depressione ma anche tutte quelle esperienze dolorose che accompagnano ognuna di queste calamità.

2. Ci sarà un incremento di disturbi mentali, psiconeurosi e malattie psichiche.

3. In tutte le società, il tasso di mortalità crescerà notevolmente, soprattutto nella società civile, nei paesi più industrializzati.

4. Le caratteristiche biologiche o quelle ereditarie della popolazione, non saranno di molto inferiori a quelle rilevate prime delle calamità.

5. Incrementeranno le migrazioni volontarie da un posto all’altro fino a diventare sempre più compulsive e continue.

6. Aumenteranno allo stesso modo, la mobilità verticale, sia le salite che le cadute sociali ma anche, le promozioni e le retrocessioni.

7. Il primo dei cambiamenti sociali indicati nel punto n. 6, l’altezza e il profilo delle stratificazioni sociali, finora piramidali, saranno appiattiti. 

8. Il meccanismo interno di selezione e distribuzione di individui nelle varie posizioni sociali risulteranno, temporaneamente, danneggiati e modificati. Come risultato dei cambiamenti in questo “filtro sociale” persone differenti saranno promosse a livelli sociali superiori.

9. L’intera piramide delle disuguaglianza sociali rimarrà in uno stato fluido e immobile (fangoso) durante questo periodo di transizione, e per tutto il tempo, ci si arrampicherà ovunque, rimodellando tutto continuamente.

10. Tutte le istituzioni sociali saranno ancora disorganizzate e di volta in volta magnificamente rimodellate.

11. Il principale trend nella maggior parte delle istituzioni e organizzazioni sociali si manifesterà nel controllo crescente, nell’irreggimentazione e nei regolamenti statali ma anche nella diminuzione dell’autonomia individuale delle persone e dei gruppi nella gestione sia dei propri affari economici che delle relazioni personali.

12. Il benessere economico delle società coinvolte nella crisi, nella maggior parte dei casi si dovrà confrontare con gli effetti negativi, tranne alcuni nuovi ricchi che si pavoneggiano nel loro nido, mentre quasi tutta l’umanità subisce gli effetti della tragedia. 

13. Per quanto riguarda il lato culturale, tutti i comparti della cultura saranno oscurati dalle conseguenze e dall’atmosfera negativa della calamità che diventerà il focus intorno a cui ruoteranno scienza e filosofia, sarà l’ispirazione di dipinti e sculture, di musica e teatro, di letteratura e architettura, di etica e di leggi, ma anche religione e tecnologia. Le calamità occuperanno i punti principali delle attività culturali quotidiane.

14. Oltre alle conseguenze delle calamità, le belle arti saranno contrassegnate da un’atmosfera sempre più diffusa di oscurità, dolore, malinconia e pessimismo, fino a diventare, a volte rappresentazioni sadiche, macabre e anche patetiche.

15. La vita di milioni di persone sarà caratterizzata da suspence incessante, accompagnata da incertezza e insicurezza.

16. In queste condizioni cresceranno diverse espressioni di una mentalità apocalittica e si diffonderà anche senza una sezione importante della popolazione.

17. La maggior parte della popolazione si suddividerà in peccatori, libertini, veri e propri criminali, cinici atei da un lato, dall’altro invece stoici, santi, eroi morali, altruisti sublimi, profeti religiosi, martiri, mistici, gnostici.

18. Le calamità e le crisi influenzeranno scienza e arte, filosofia ed etica e altri aspetti culturali, polarizzandoli nello stesso modo. Da un lato ostacoleranno e distruggeranno tutte le arti creative, dall’altro stimoleranno e supporteranno tutti i lavori creativi, tutte le espressioni artistiche. (Sorokin, 2010).

3. Infine, anche in Contemporary Sociological Theories (Sorokin, 1928) offre una mappa sintetica per scuole sociologiche. Questa mappatura per scuole ha anche ispirato i due volumi Tra Harvard e Madrid e Tra Amsterdam e Berlino del progetto “Geografia e spirito della teoria sociologica” (Iannone- Pitasi 2018a e 2018b).

La mappa di allora, ovviamente non è quella di oggi, nondimeno il modus pensandi di Sorokin è stato decisivo anche in questo: in una lettura più sincronica e connettiva che diacronica e più o meno banalmente lineare del pensiero sociologico.

In Sorokin, certo, c’è molto, molto di più anche una deriva quasi mistica quando ormai era avanti con l’età ma, a meno che ad occuparsi di Sorokin non sia uno storico della sociologia, che ha ovviamente una differente prospettiva, faccio fatica a immaginarmi molte pepite sorokiniane in più per un teorico generale un policy maker o un research designer con anche ambizioni strategiche applicative e di intervento.

4. La Rivoluzione Dimenticata: Parte Seconda

Riepilogo qui i punti di ciò che definisco la rivoluzione sorokiniana e che esprimo in una semantica che non ha pretese di ortodossia sorokiniana:

  1. Una visione supersistemica focalizzata sulle differenze che fanno la differenza;
  2. Diacronicità anche di lunghissimo periodo e sincronicità globale interconnesse ed entrambe necessarie con prevalenza della seconda per comprendere e decifrare gli scenari, ad esempio, geopolitici;
  3. Disegno metodologico multidimensionale in cui ogni metodo e tecnica ha un senso epistemologico ed euristico, perciò no derive ipertrofiche e unidimensionali (Sorokin, 1965);
  4. Irrinunciabilità di un modello teorico-concettuale generale (i cicli supersistemici) senza la pretesa che i valori sociali siano universali e immutabili;
  5. Un’esigenza di spendibilità strategica,
  6. Una grande attenzione al mapping sincronico, ad esempio delle scuole sociologiche.
  7. Sorokin non è stato certo un evoluzionista in senso (neo) darwiniano, nondimeno una concezione evolutiva lo connota come “cartografo” della conoscenza;
  8. Analogamente, Sorokin non è certo un autore (neo/vetero) positivista ma neppure un vecchio umanista ideografico anche se alcuni hanno tentato di farne uno storicista o un marxista. I suoi contenuti sanno spesso di Classic Humanities ma i suoi modelli teorici e concettuali hanno quella sistematicità sintetica e quell’ampiezza generale che raramente gli umanisti possiedono e che piuttosto troviamo ad esempio negli astrofisici alla Stephen Hawking (1989).
  9. Inoltre, la ricerca qualitativa in un simile gigante del pensiero sembra rivelarsi con raffinata nitidezza euristica: non il noioso voyeurismo dell’osservazione della vita quotidiana nel suo anonimo scorrere come foglie che d’autunno cadono dagli alberi quanto l’occhio clinico, attento e lucidissimo che, metaforicamente, coglie, con sguardo fotografico, una foglia che da terra si solleva per tornare al proprio posto sul ramo. Fuor di metafora: ricerca qualitativa come grande attenzione ad anomalie, peculiarità e shifts destinati solo in rarissimi casi a diventare shocks, salti evolutivi, epocali e macro.
  10. 10.Infine, come in Man and Society in Calamity (Sorokin, 2010), Sorokin non solo dimostra visione sistemica focalizzata sulle differenze decisive ma dimostra anche che la sua epistemologia è intrinsecamente processuale non tanto in senso storico-diacronico quanto nel tenere sempre insieme l’unitas multiplex di psicosociale, micro, meso e macro senza la pretesa che le quattro dimensioni dinamiche abbiano in ogni processo sempre lo stesso peso. Probabilisticamente il macro è la dimensione preponderante nella stragrande maggioranza dei casi ma è nello psicosociale o al più nel micro che si osserva la foglia tornare su ramo e con questa visione processuale quadrifase, che si evince anche dai 18 tratti, quanti futili dibattiti sul macro-micro link ci saremmo risparmiati inclusi quelli sulla dizione “macro-micro link” oppure “micro-macro link”!

5. Cipolla Come Setaccio:Parte Seconda

Sorokin, per recuperare la forma di quella che almeno dagli anni Quaranta del XX secolo aveva già impostato come la futura sociologia (Cipolla, 2022: 127-130), vede in questo volume cipolliano un prezioso filtro e modellizzatore nella misura in cui esplicita e connette i decisivi contributi sorokiniani:

i) nel contrastare ogni riduzionismo e riduttivismo (Cipolla 2022: 37-46);

ii) nel combattere una serie di miti, tra cui quello quantofrenico, quello testocratico e quello che ispirava la setta dei fisicisti così chiamata da Sorokin (Cipolla, 2022: 47-51), il cui modus operandi non potrebbe essere più lontano da quello del summenzionato Hawking.

iii) un pensatore dalla Bildung e dall’opera sterminata e cosmopolita (Cipolla, 2022: 124-126) mosso da un’eclettica integralità (Cipolla, 2022: 130-138) senza mai degenerare nelle chiusure integraliste. Purtroppo, certe mode intellettuali da salotto perbenista-conformista statunitense degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso hanno per qualche tempo permesso a Parsons di offuscare inopportunamente Sorokin (Pitasi, 2018b).

6. Senza dittico, niente trittico

Il mio auspicio è che anche questa opera cipolliana possa dare un contributo decisivo nel restituire a Sorokin il posto centralissimo che gli spetta nella sociologia mondiale ma essa è il vertice di un triangolo che agli altri angoli vede il restante dittico che compone il trittico in oggetto dittico composto dai due lavori di Mangone (2018 e 2022): il libro di Mangone (2018)1 e a cura della medesima Mangone(2022) Saranno preziosi interlocutori entro la cornice generale che vede Cipolla (2022) come setaccio.

Sorokin vede delle oscillazioni cicliche tra periodi di benessere e di calamità e usando la sua modellizzazione entro tuttavia una semantica non sua piuttosto di Beck (1992) e Luhmann(1999): conoscere e modellizzare le calamità per ridurne l’impatto e in sostanza il rischio (cfr. Mangone, 2018 : 95-97). Quando ho accettato l’invito di Cipolla- sempre vulcanico – a redigere questa nota- ho visto l‘opportunità di re-inquadrare l’importanza d Sorokin per gli sviluppi anche della sociologia contemporanea e della sua comprensione dei fenomeni ad impatto globale.

Tale importanza ritengo assuma almeno le seguenti forme:

1 avere fondato ad Harvard una sociologia intrinsecamente cosmopolitica che ha in parte immunizzato la sociologia americana da quella ventata maleodorante di provincialismo che avrebbe portato Parsons convinto che lo schema AGIL non fosse semplicemente la descrizione della società statunitense del proprio tempo bensì che fosse la modellizzzaione di un sistema sociale anzi de Il Sistema sociale (cfr Pitasi, 2018)

2 Sorokin ragiona per processi dinamici, evolutivi se intendiamo il termine in senso ampio e non evoluzionistico, e anche qui è molto più avanti del suo successore alla direzione del Dipartimento di Sociologia di Harvard. Sarebbe poi arrivato Elias (1987) ad arricchire questa visione spiegando come il processo sia multilivellare quadrifase e non trifase. Dal più piccolo al più grande: Psicosociale- Micro- Meso e Macro.

3 Sorokin per il suo intrinseco cosmopolitismo e la sua visione molto ampia e attenta alla varietà e alle situazioni di rischio è certamente più vicino a Beck e Luhmann che a Parsons anche se certo da Sorokin a Luhmann ci sono alcuni salti evolutivi per così dire per cui sarebbe una forzatura ermeneutica metterli in sequenza lineare tra loro. 

4 Sorokin è importante anche per il suo decisivo contributo alla nascita, alla fondazione della Wissenssoziologie. 

 5 Sorokin ha avuto un innegabile ruolo centrale anche negli studi sula sociologia della mobilità (Palumbo,1984)

 6 Cimagalli (2010), Cipolla (2022) e Mangone (2018 e 2022) hanno dunque, a mio avviso, pieno titolo a reclamare (nel senso di claim) un ‘attenzione assai maggiore verso l’opera sorokiniana e un non piccolo merito segnatamente di Mangone(2022) è stato anche quello di aver riunito più generazioni di studiosi inno sforzo collettaneo mirato a riattualizzare il pensiero sorokiniano. Non avendo questa mia nota finalità analitiche da book review, andrò a setacciare cipollianamente il volume collettaneo in questione entro il filo conduttore di questo o scritto: riattualizzare Sorokin è strategico e decisivo per comprendere il mondo di oggi, tuttavia, come in ogni autore, in ogni sua pagina o suo volume è rilevante per la sua riattualizzazione anzi probabilmente se Sorokin ha avuto un periodo di oblio questo è forse dipeso anche dal fatto che i suoi fondamentali volumi di “ diagnostica “ come appunto Man and Society in Calamity (2010) sono stati, per così dire, in parte delegittimati dai suoi stessi lavori di “ terapia “ ispirati molto più da toni morali e mistici – quasi da new Age ante literam – che ai suoi più importanti contributi scientifico – diagnostici 

 Vediamo in tal senso gli apporti più rilevanti di questo ambizioso progetto collettaneo emerso sotto il coordinamento scientifico di Mangone (2022). Come ogni volume scientifico, va letto con un occhio al disegno epistemico – metodologico-applicativo del volume e un altro alla bibliografia. Trattandosi di un volume collettaneo si partirà dagli approdi del volume complessivo risalendo a quelle dei singoli capitoli se offrono contributi significativi all’argomentazione di questa nota.

 Il volume collettaneo in questione (Mangone, 2022), al di là della struttura formale del suo indice in quattro parti ospita in buona sostanza tre tipi di contributi variamente collocati nel volume:

1. saggi (auto)biografico- filologico- storici del pensiero sorokiniano. Al di là della loro qualità intrinseca, che non è in discussione, se l’obiettivo è riattualizzare il pensiero sociologico di Sorokin, tuttavia quanto egli fosse rimasto russo nell’anima oggi impatta poco, più decisivo forse comprendere quanto il suo aspetto cosmopolitico oggi ci serva per cogliere la complessità del mondo. Oggi parliamo ancora di Cristoforo Colombo – e incidentalmente delle porte in faccia che ricevette il suo progetto di navigazione perché alla fine Isabella e Ferdinando di Castiglia legittimarono la sua missione che ebbe il successo – con un poco di serendipity – che noi tutti conosciamo ed è per questo che dire che Cristoforo Colombo era in verità spagnolo- Cristobal Colon – non è del tutto errato. Se Cristoforo Colombo fosse nato, vissuto e morto genovese oggi ne ignoreremmo la sua esistenza così come quella di un sacco di bei posti tra Vancouver e Buenos Aires. Non si tratta del trito e ritrito “ nemo propheta in patria “ quanto piuttosto di focalizzare l’attenzione, sulle ali non sulle radici perché sono le ali che sorvolano i luoghi e i tempi se poi coincidono – a volte accade- con le radici niente di male, anzi, ma osservare le ali e le loro traiettorie ci permette di riattualzzare, osservare le radici – a meno che non coincidano con le ali – no.

 2 I saggi focalizzati su Sorokin preacher- teacher, come lo definisce con musicale intelligenza Raffaele Federici nel capitolo 14 hanno un senso filologico – ermeneutico per rendere il più completo possibile il ritratto di Sorokin ben sapendo che l’ontica, nella sua insufficienza, è comunque ciò che ci avvicina il più possibile all’ontologia tuttavia non scodiamoci che il Sorokin preacher teacher ha nuociuto nuoce e potrebbe ancora più nuocere in futuro al Sorokin raffinato teorico macrosociologico strenuo oppositore della quantofrenia e sistemico (il suo concetto di supersistema lo ritroviamo, come accennato sopra, anche in Etzioni 1967 applicato ad un ‘analisi della Comunità Europea del Carbone e dell’ Acciaio- CECA-). Non scordiamoci che il paese che accoglie Sorokin e che lo fa diventare la figura che se non fosse diventata non staremmo qui a discuterne e scriverne è probabilmente il paese i cui i telepredicatori) TV preachers, cult leader in stile Scientology ecc) hanno (avuto ?) il maggior successo. Negli anni ’90 spostandomi sulle highways interne della tentacolare e scarsamente popolata Houston diciamo che ogni miglio e mezzo vi era un cartellone gigante del tipo  “ Di ti ama e ti ascolta: chiama il numero verde 1- 800 000000”, cartelloni simili tra loro, di sette / culti differenti sempre con foto enorme di u tizio in abito circa talare ma  per il resto un prodotto molto più hollywodiano che “ teologico “. Orbene  gli USA sono sempre stati apertissimi a queste figure purchè fossero palesemente preachers, trainer, coach esistenzial- motivazionali ma senza mai la pretesa di essere scienziati e studiosi. Sorokin mettendosi a rattare amore, altruismo vertà, bellezza e che li ha, diciamo, spiazzati, e nel dubbio non essendo diventato un volto da cartellone pubblicitario non riconoscendolo né come preacher né come scholar lo hanno archiviato. Il Sorokin preacher- teacher è innegabilmente una parte di ogni suo ritratto ben compiuto, tuttavia no è la parte che permette la sua (ri) attualizzazione 3. Veniamo al terzo gruppo di saggi. quelli che in effetti, almeno nella mia chiave di lettura, sono mirati a riattualizzarlo: i capitoli 5, 8, 9, 10, 13, 14 e 15 nonché la prefazione e la postfazione (un cui passaggio funge da incipit a questa mia nota). A ciascun capitolo dedicherò alcune righe nella prospettiva di questa nota ovvero, dato che sarebbe strategico e decisivo per avere una sociologia più forte epistemologicamente e metodologicamente, di più ampio e flessibile approccio nello studiare la complessità e la globalità del nostro mondo come posiamo recuperare il contributo sorokiniano a maggior valore aggiunto sistemico e sistematico (Marletti, 1991)? Pertanto di ciascun saggio argomenterò brevemente solo questo aspetto, senza dilungarmi.

 La prefazione di Mangone (2018) non richiede molte argomentazioni. offre un ottimo inquadramento istituzionale e multidimensionale alla tematica.

Il Cap.5 di Marletti ci offre un contributo importantissimo nel sottolineare come in Sorokin l’esigenza di una certa astrazione teorica e l’esigenza di rigore metodologico fossero ben interconnesse come quella di tenere insieme scienza e umanesimo e oggi che  le tre culture (Hard Science- Political Science e Humanities, cfr. Brockman,1999) sono sempre più interconnesse si rivela un contributo al contempo importantissimo per la sua capacità anticipatoria ma non decisivo perchè l’interconnessione tra le re culture non è passata attraverso l’opera sorokniana. Conclude puntualmente Marletti: “ (…) Sorokin può ancora essere per noi un maestro che ci invita a unire scientificità e umanesimo, ad essere rigorosi ma saper pensare in grande e guardare lontano (Marletti n Mangone, 2022: 87) statement che sottoscrivo purchè umanesimo, pensare in grande e guardarre lontano poggino sulla teoria e non sul preaching che per definizione non è tanto e solo ideologico quanto proprio “ confessional – dottrinale “ 

Il cap. 8 di Cimagalli (già autore anche di Cimagalli, 2010) mette in evidenza l’importanza che la sociologia sia anche problem solver senza però cadere nella pratica miope quanto piuttosto divenendo una scienza ampia e strategica per il problem setting e problem solving di sfide complesse. Una scienza sociale che non divenisse problem setter e problem solver si condannerebbe al pantano dell’irrilevanza (cfr Cimagalli in Mangone, 2022: 136-140)

Il cap. 9 (Federici in Mangone 2022: 143-148), è un importante saggio-ponte nell’economia del volume collettaneo che sottolinea l’importanza di uno sforzo sorokiniano in senso ricompositivo delle scienze sociali

 Il cap. 10 (Zocchi, in Mangone 2022: 160-161) rinforza l’idea della lezione sorokiniana a tutto tondo tra le tre culture usando anche la tecnica ma di certo non riducendo le scienze sociali ad essa, anzi addirittura interfacciandole con la letteratura, da autentico umanista.

Il cap. 13 (Gerrcio in Mangone, 2022: 199-200) rinforza quanto già emerso e aggiunge un passaggio importante: la comprensione di sfide globali e complesse è inscindibile dalla comprensione di dinamiche evolutive -processuali altrettanto globali e complesse dal micro più micro a macro più macro, se mi si concede l’enfasi.

 Il cap. 14 di R. Federici è stato l’ ossatura a questa mia nota in queta parte sul dittico tramite la sua geniale allusione musicale al preacher- teacher – Che aggiungere se non grazie ?

E infine il cap. 15 di Soffritti che è al contempo problematico e promettente. Problematico sia perché interpretare il COVID 19 attraverso la visione sorokiniana non ne rappresenta il principale e più originale valore aggiunto (ne avevano già trattato Ferone- Petroccia- Pitasi 2020), perché fonde un poco troppo il Sorokin studioso e il Sorokin preacher – teacher. Promettente perché trattandosi di un saggio di (ad oggi) un assegnista di ricerca talento e stoffa sembrano proprio esserci. Promettente per la sua raffinatezza stilistica e concettuale nel drawing distinctions e nell’usare le distinctions, promettente perché il saggio ha un suo chiaro filo conduttore.

 Alla fine Soffritt, riprende il concetto – chiave d’integrazione socio – culturale (tanto caro a Sorokin quanto fuorviante oggi) abbinato al concetto di superconscio (Soffritti in Mangone, 2022: 224-225) come strumenti -chiave sia nella gestione di processi di crisi sia per affrontare calamità contingenti. La lettura di Soffritti è corretta ma lì il nodo problematico è proprio nel pensiero di Sorokin, non nell’interpretazione soffrittiana. Ovvero, dopo i danni causati da Parsons confondendo l’integrazione socio-culturale statunitense per il sistema sociale tout court (De Nardis,1988) con un devastante effetto sineddoche di un riduzionismo imbarazzante e dopo che Luhmann ha ben chiarito in Warum AGIL (Perché AGIL ?) che non esiste nessuna “cultura che funga da collante di un sistema, re-introdurre l’integrazione socio- culturale come collante per integrare il sistema dopo il paradigma sistema /ambiente, gli orizzonti della complessità, i codici e programmi per distinguere comunicazione dotata di senso/rumore, ritornare all’integrazione socio-culturale significherebbe non attualizzare Sorokin bensì portare indietro la sociologia di almeno settanta- ottanta anni, accecandola. 

Forse nell’ interessantissimo volume collettaneo ci sarebbe stato bene un capitolo su Sorokin e Luhmann collegati, nel bene e nel male, dall’aver creato Parsons il primo e dall’aver a lungo carteggiato con Parsons, prima di comprenderne l’obsolescenza, il secondo. In Mangone (2022) invece, se non mi è sfuggito qualcosa, né Beck né Luhmann sembrano avere diritto di cittadinanza mentre essi vengono citati e troppo velocemente bypassati, in Mangone (2018).

7. Eclettiche Conclusioni

Eccoci all‘istrionica postfazione in autentico Cipolla’s style. Presenta il suo incontro intellettuale con Sorokin in tarda età (scritto da egli stesso cfr Cipolla in Mangone 2022: 247), poi si mette a replicare ai coautori del volume in pieno stile Editor in Chief(del resto un setaccio ovviamente setaccia) e non meno importante argomenta – indirettamente in modo originale – il Sorokin preacher teacher, poi chiude con l’incipit a questa mia nota ma prima fa emergere la sua rinomata vena di imprenditore culturale. Ci tornerò in chiusura di questa mia nota.  

 Come accennavo poco sopra, mi sa che un saggio su Sorokin-Luhmann prima o poi lo scrivo. Crisi, disastri e calamità includono il distinguo shift/shock che l’attuale teoria sistemica tematizza come ipotetica emergenza là dove di X fenomeni emergenti (shifts) avranno un impatto significativo (denominato shock) solo un’infinitesima frazione. Neppure uno stormo di rondini fa primavera e qui occorrerebbe collegare Sorokin a von Foerster (1987) In sintesi, alcuni filoni ulteriori su cui riterrei opportuno proseguire per riatualizzare Sorokin: a) il filone Sorokin- Eisenstadt- Etzioni b) il filone Sorokin – Luhmann, al limite c) estendendo il confronto anche a Beck sul fronte del rischio d) il filone Sorokin – von Foerster e) il filone Sorokin – Beck(2000, 2005 e 2017) non tanto e non solo per il rischio in connessione a crisi disastri e calamità, che si collocano nel filone Sorokin-Luhmann- Beck(oggetto del filone c) quanto piuttosto per il cosmopolitismo che necessiterebbe di un upgrade che formerebbe un filone f) attraverso la memetica (cfr Dawkins, 1976 che ovviamente ai tempi di Sorokin non esisteva ma che oggi non possiamo ignorare per la sua immensa portata euristica ed epistemologica) cosmopolitismo memetico come Aufhebung della vecchia, obsoleta, idea di integrazione socio-culturale. 

L’eclettica postfazione cipolliana, poco prima del “mio” ncipit, si chiude con una proposta di editoria digitale dedicata a Sorokin. Vedo, approvo e rilancio dato che ho come il sospetto che  sei saggi possano fare un libro.

References:

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